Missili russi in Siria e nel Baltico. Un altro monito all'Occidente
La sindrome dell'accerchiamento ha fatto infuriare nuovamente l'orso russo. L'operazione Georgia, maturata nel tempo tra le gerarchie politiche e militari di Mosca, è un messaggio preciso all'Occidente e a Washington in particolare.
Mosca pensa di installare missili a testata nucleare in Siria e nell'enclave baltica di Kaliningrad. Testate Iskander, SS26, missili balistici di nuova concezione che consentono di colpire in un vasto raggio d'azione. Una minaccia seria verso Israele e Polonia. Ma anche Germania e Paesi scandinavi. Del resto la flotta baltica di Mosca da tempo è nei programmi di rafforzamento dopo un certo abbandono degli ultimi anni.
Mosca e Putin vogliono il controllo delle risorse energetiche così vengano mostrati i muscoli all'Europa e agli Stati Uniti che con scaltrezza stanno entrando in partnership con le repubbliche del Caspio per lo sfruttamento del petrolio. E questo Mosca non lo gradisce più quando poi si cerca di allargare anche la Nato. Del resto viste le difficoltà di aumentare l'estrazione di petrolio in Iraq e le sanzioni esistenti contro l'Iran, è proprio la Russia e le sue ex repubbliche asiatiche a detenere il primato dei barili di greggio prodotti.
La guerra dell'energia è al fine scoppiata. E non sul fronte islamico bensì su quello antico, da secolo scorso, tra Mosca e Occidente. In mezzo, l'avvertimento anche all'Ucraina per le forniture di gas e alla Polonia. Monito più diretto questo: «Attenti rischiate un'azione militare». Dietro a tutto la rinvicita per quell'indipendenza concessa dall'Europa al Kosovo a scapito dell'integrità della «slava» serbia che a Mosca non è andata proprio giù.
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