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sabato 23 agosto 2008

Sulla Georgia, due pesi e due misure

Gori

L’europeo

Il presidente George W. Bush ha dichiarato che occorre rispettare la sovranità e l’integrità territoriale della Georgia. Intende dire che l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud non hanno il diritto di separarsi da Tbilisi e proclamare la loro indipendenza. Ma quando il governo serbo chiese il rispetto della propria integrità territoriale e sostenne che l’indipendenza del Kosovo era una violazione del diritto internazionale, gli fu risposto che i popoli hanno il diritto di decidere il proprio destino. Era giusto deplorare lo scoppio delle ostilità, ma non sarebbe stato giusto ricordare che l’esodo degli osseti del Sud, dopo l’attacco georgiano, ricorda quello degli albanesi dal Kosovo quando Slobodan Milosevic cercò di ripulire etnicamente la regione? Gli Stati Uniti e il Consiglio Atlantico hanno accusato la Russia di avere fatto un uso “sproporzionato” della forza. Ma il conservatore americano Patrick Buchanan ha ricordato in un recente articolo che la Nato bombardò la Serbia per 78 giorni nella primavera del 1999 e che Israele, dopo una incursione di Hezbollah in territorio israeliano, bombardò il Libano per 35 giorni nell’estate del 2006. Avrebbe potuto aggiungere che quegli “sproporzionati” bombardamenti furono possibili anche perché gli Usa impedirono al Consiglio di sicurezza, in quel lasso di tempo, di accordarsi su una risoluzione che avrebbe chiesto a Israele di interrompere le ostilità.
Il segretario americano alla Difesa Robert Gates ha dichiarato che il comportamento della Russia «ha rimesso in discussione l’intera base del dialogo strategico fra Russia e Stati Uniti». Il candidato repubblicano alla Casa Bianca John McCain ha dichiarato che occorre prendere in considerazione la possibilità di sospendere la partecipazione della Russia al G8. Ma nessuno chiese la sospensione degli Stati Uniti dalle maggiori organizzazioni internazionali quando i fatti dimostrarono che il discorso del segretario di Stato americano al Consiglio di sicurezza (ricordate Colin Powell che mostra al mondo la «prova» degli armamenti chimici iracheni?) era privo di qualsiasi fondamento.
E nessuno in Occidente chiese che agli Stati Uniti, dopo gli scandali di Abu Ghraib e Guantánamo, venisse chiesto di uscire dal Consiglio dell’Onu per i diritti umani. È inutile sorprendersi di queste contraddizioni. I governi parlano la lingua della legalità internazionale, ma agiscono secondo i loro interessi e usano gli argomenti che meglio servono a raggiungere i loro obiettivi. Gli americani sembrano dimenticare tuttavia che è interesse di uno stato, altresì, comprendere gli interessi degli altri, anticipare le loro reazioni, pesare attentamente le conseguenze delle proprie iniziative.
Gli americani non hanno capito che l’adesione dell’Ucraina e della Georgia alla Nato sarebbe stata considerata a Mosca una intollerabile invasione di campo. Non hanno capito che l’installazione di basi americane in Polonia e Repubblica Ceca sarebbe stata percepita in Russia nello stesso modo in cui gli Stati Uniti percepirono l’installazione di missili sovietici a Cuba nel 1962. Non hanno capito che Vladimir Putin è popolare nel suo paese proprio perché lo ha sollevato dallo stato di prostrazione internazionale in cui era caduto all’epoca di Boris Eltsin.
A giudicare dalle parole di Bush, dalle dichiarazioni di Gates e dal modo in cui il governo americano si è affrettato a concludere un accordo con la Polonia per l’installazione di una base antimissilistica, si direbbe che dalla crisi georgiana Washington non abbia tratto alcuna lezione. Dovremo quindi prepararci a nuovi errori e a nuove crisi.


http://blog.panorama.it/opinioni/2008/08/22/romano-sulla-georgia-due-pesi-e-due-misure/

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